Sul tema delle responsabilità nei casi di infortunio, ci sembra interessante evidenziare la recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, del 25 gennaio 2021 n. 2848.
La suprema Corte ha ribadito alcuni importanti principi nella materia degli infortuni sul lavoro. I principi riguardano sia alla responsabilità penale del datore di lavoro, sia alla responsabilità amministrativa dell’ente.
La responsabilità diretta del Datore di lavoro
Nel merito della responsabilità, la Corte ha ricordato che “il datore di lavoro […] è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro”.
Inoltre, “nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro e di coloro che rivestono una posizione di garanzia rispetto alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, può essere attribuita al comportamento negligente o imprudente del medesimo lavoratore infortunato, quando l’evento sia da ricondurre comunque alla insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare il rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente. Sul punto, si è pure precisato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro. Anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni”.
La responsabilità amministrativa dell’Ente
Sul fronte della responsabilità amministrativa, la Corte ha affermato che “In materia di responsabilità amministrativa con riguardo all’Art. 25-septies D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, l’interesse e/o il vantaggio vanno letti, nella prospettiva patrimoniale dell’ente, come risparmio di risorse economiche conseguente alla mancata predisposizione dello strumentario di sicurezza ovvero come incremento economico conseguente all’aumento della produttività non ostacolata dal pedissequo rispetto della normativa prevenzionale […]. In altri termini, nei reati colposi, l’interesse e/o vantaggio si ricollegano al risparmio nelle spese che l’ente dovrebbe sostenere per l’adozione delle misure precauzionali. Ovvero nell’agevolazione dell’aumento di produttività che può derivare, per l’ente, dallo sveltimento dell’attività lavorativa, ‘favorita’ dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, ne avrebbe ‘rallentato’ i tempi”.