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Film horror a scuola

La cronaca riporta come, in una scuola media di Cremona, durante un’ora buca, il docente abbia consentito la proiezione di un film in aula.
Gli studenti, liberi di vedere quello che desideravano, hanno scelto una pellicola splatter del 2016. Il film, vietato ai minori, ha come protagonista un clown, omicida seriale.
Di fronte a scene molto esplicite di violenza alcuni alunni hanno accusato malori e la proiezione è stata interrotta.
Inevitabilmente, si sono scatenate le polemiche che hanno coinvolto la scuola e il Dirigente scolastico.
I genitori hanno domandato come fosse stato possibile consentire la visione di questo tipo di film ad alunni in una fascia d’età così particolare.
Una situazione analoga, pur in un altro contesto e con motivazioni educative completamente diverse scatenò delle polemiche in un’altra scuola lombarda, lo scorso febbraio. In quel caso furono addirittura chiamati i carabinieri.

La proiezione in classe di un film

Quanto accaduto pone due quesiti, circa la responsabilità della scuola.
In prima battuta: può un insegnante proiettare in classe un film o documentario?
L’Art. 15 della Legge 22 aprile 1941, n. 633, sul Diritto d’Autore, prevede che la proiezione di un film all’interno della scuola è consentita con due avvertenze. Innanzi tutto, la riproduzione non dev’essere aperta al pubblico e, in seconda istanza, il supporto video dev’essere acquistato, legittimamente. Non sarà quindi possibile riprodurre in classe un programma registrato senza licenza. In modo del tutto analogo anche l’utilizzo di video disponibili sul web, ad esempio su Youtube, dev’essere autorizzato dal proprietario. in alcuni casi, diversa è la politica per i servizi a pagamento (Netflix, Amazon Prime, Disney+, ecc.). In questi casi, termini dettagliati per l’utilizzo sono disponibili sul sito delle piattaforme stesse.

La responsabilità civile della scuola

In seconda battuta, la responsabilità della scuola prevede in risarcimento dell’eventuale danno all’alunno?
È bene premettere che la responsabilità civile si riferisce a comportamenti illeciti, dolosi o colposi, che violano le norme del Codice Civile.
Come conseguenza il responsabile dovrà risarcire il terzo per il danno causato.
La responsabilità della scuola, nell’ipotesi in cui gli alunni subiscano danni nel tempo in cui sono presenti in Istituto, è duplice: contrattuale e extracontrattuale.
La prima si fonda sull’inadempimento dell’obbligo di vigilare (ex artt. 2047 e 2048 del Codice Civile) o di tenere o non tenere una determinata condotta. Quella extracontrattuale è fondata sulla generale violazione di non recare danno ad altri, ai sensi degli Artt. 2043 e 2051 del Codice Civile.
È bene premettere inoltre che la magistratura, in giudizio, farà riferimento esclusivamente alle prove portate dalle parti. Da un lato, risulterà quindi fondamentale come, nel caso specifico, le famiglie dei minori possano provare il danno subito. Dall’altro che la scuola abbia messo in atto tutte le misure idonee a prevenire il danno.

Il profilo assicurativo

La polizze assicurative scolastiche, di norma, prevedono il ramo di Responsabilità Civile. L’assicuratore, in questi casi, si obbliga a tenere indenne l’Istituto di quanto siano tenuto a pagare, a titolo di risarcimento per danni colposamente cagionati in conseguenza di un fatto verificatosi durante le attività scolastiche.

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Polso rotto in classe

La cronaca della fine di ottobre riporta la notizia di uno studente che, in classe, si è rotto il polso in una prova di braccio di ferro. Quello che colpisce di più è la richiesta di risarcimento effettuata dalla famiglia dell’alunno: 70.000,00 euro.

Il fatto

Sembra che l’alunno infortunato stesse giocando a braccio di ferro in classe. Il giornale riporta come la sfida fra compagni durante nel corso della lezione e quindi in presenza del docente, sia finita con la rottura di un polso.
La preside ha dichiarato: «La richiesta risarcitoria non ci preoccupa, è in mano all’agenzia assicurativa. È un infortunio, come a scuola ne possono capitare altri».

L’infortunio

Sotto il profilo strettamente assicurativo, per infortunio s’intende “…quell’evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna che procuri una lesione obiettivamente constatabile…”. Fortuita significa indipendente dalla volontà della persona che subisce l’infortunio. Violenta delinea un’azione improvvisa e repentina attuata in un momento precisamente individuabile Esterna colloca la causa all’esterno dell’organismo. Tecnicamente quindi, quanto accaduto, è un infortunio. Il rischio di una lesione, nel corso di una prova di braccio di ferro, per quanto possa essere prevedibile, non è certo nella volontà di nessuna delle parti. Salvo esclusioni specifiche presenti in polizza, l’indennizzo potrà avvenire in base alle somme assicurate nella sezione infortuni. Difficilmente, però, si potrà pervenire ad una somma vicina alla richiesta della famiglia.

L’obbligo della vigilanza

Come più volte ricordato dalla giurisprudenza, con l’ammissione a scuola, nasce un vincolo negoziale dal quale discende l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’alunno. La scuola deve, quindi, garantire entrambi gli aspetti, per tutto il tempo in cui lo studente fruisce della prestazione scolastica, in tutte le sue espressioni.
La responsabilità dell’Istituto è duplice: ovvero contrattuale, fondata cioè sull’adempimento dell’obbligo di vigilare ai sensi degli Artt. 2047 e 2048 del Codice Civile, alla quale si aggiunge la responsabilità extracontrattuale, ovvero sull’obbligo di non recare danno, ai sensi degli Artt. 2043 e 2051 del Codice Civile.
Quanto accaduto, quindi, potrebbe essere responsabilità diretta della scuola, alla luce della mancata o insufficiente vigilanza. La domanda spontanea, infatti, è come sia stato possibile organizzare una sfida a braccio di ferro nel mezzo di una lezione.

Il risarcimento da Responsabilità Civile

Le polizze scolastiche provvedono a tenere indenne l’Istituto e gli assicurati civilmente responsabili ai sensi di legge, per danni colposamente cagionati a terzi. Tra i danni sono compresi la morte, le lesioni personali, la distruzione, i danneggiamenti e il deterioramento di cose. È bene comunque precisare che l’assicurato dovrà necessariamente fornire la prova del danno patrimoniale occorso.
Presupposto necessario per il riconoscimento della risarcibilità, è la condotta colposa o dolosa di chi ha causato o non ha impedito il danno. In relazione al tipo di risarcimento questo prevede sia il danno emergente che il lucro cessante. Il primo consiste nel risarcimento diretto conseguente all’evento, in questo caso tutte le spese mediche, riabilitative materiali e morali. Il lucro cessante si riferisce al mancato guadagno, il profitto, che il soggetto avrebbe ottenuto senza il verificarsi dell’evento dannoso. Effettivamente, in questo senso, l’importo richiesto dalla famiglia del ragazzo potrebbe sembrare sovradimensionato rispetto al danno subito. Tuttavia, la valutazione è direttamente collegata alle prove che saranno fornite in sede di valutazione.

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La protezione dei rischi informatici

Lo scorso mese di marzo è stato pubblicato il rapporto annuale Clusit che, in oltre 200 pagine, riporta l’analisi della situazione relativa agli attacchi informatici segnalati a livello globale.
Rispetto al 2021 le azioni dei cybercriminali sono cresciute del 10%.
Il rapporto evidenzia, inoltre, come l’incremento degli attacchi sia sempre più riconducibile a organizzazioni legate alla criminalità organizzata.
L’anno passato è stato quello con il maggiore l’impatto di livello “critico”. Le azioni dei criminali informatici diventano sempre più professionali, sofisticate, e rivolte a obiettivi specifici.

Le pubbliche amministrazioni sotto attacco

Le azioni di pirateria informatica che prendono di mira la Pubblica Amministrazione, si concentrano prevalentemente nei settori governativo, militare, sanità e informatico.
Lo scorso 30 luglio un attacco ha interessato la rete informatica della Regione Lazio. Per due mesi il sistema regionale, compreso quello dedicato alle vaccinazioni Covid19, ha comportato la sospensione di alcuni servizi e l’indisponibilità dei dati. Alla fine di marzo 2022 è toccato alle Ferrovie. Non solo non era più possibile accedere ai servizi di biglietteria dal sito di Trenitalia, ma è stata interrotta anche la vendita dei biglietti nelle stazioni.
Lo scorso 8 aprile, un analogo problema ha interessato il Ministero della Transizione Ecologica.
Per l’anno corrente le aspettative non sono tranquillizzanti. Le strategie messe in atto dai pirati informatici punteranno particolarmente sullo smart working, sempre più diffuso nella Pubblica Amministrazione.

Come difendere le scuole dagli aggressioni informatiche

La Pubblica Amministrazione scolastica non è considerata un obiettivo primario.
Ciò nonostante, gli attacchi che coinvolgono le scuole, sono il 9% dei casi totali.
All’inizio dell’aprile 2021 un attacco ransomware ha interessato il registro elettronico, fornito al 40% degli istituti scolastici italiani, dall’azienda Axios Italia. Per “risolvere” il problema, i pirati, avrebbero chiesto un riscatto di diverse decine di migliaia di euro.
Malgrado il fenomeno, al momento attuale, sembra essere circoscritto, la quantità dei dati gestiti dalle scuole e la delicatezza degli stessi, impone alcune cautele. Le scuole infatti gestiscono i dati identificativi personali, anche sensibili, di 9 milioni di persone, in larghissima parte minori.
Senza entrare in profili di carattere tecnologico, l’aspetto fondamentale nella difesa degli attacchi informatici è quello preventivo. Nella maggioranza dei casi, gli istituti si avvalgono della consulenza tecnica di professionisti del settore. Esistono tuttavia casi non isolati in cui la creazione e gestione delle reti è affidata a personale interno non specializzato. Inoltre, non sempre le aziende alle quali è affidato questo incarico sono in grado di progettare e gestire una rete informatica scolastica totalmente sicura.
In tutti i casi, l’onere e la responsabilità della verifica e del controllo, rimane a carico al Dirigente Scolastico.

La percezione del rischio

Uno dei migliori sistemi di tutela è la polizza Cyber Risk.
Queste polizze sono disponibili da più di 15 anni, eppure la sensibilità della grande Pubblica Amministrazione è ancora marginale e ancor meno lo è di quella scolastica.
I motivi di questo stato di cose sono sostanzialmente riconducibili a una sottovalutazione del problema. Eppure, come abbiamo visto, i casi di disservizi, quando non di danno, non mancano.

I danni potenziali

I danni posso essere riassunti in due categorie: quelli diretti e quelli indiretti.
Il danno diretto è quello legato al malfunzionamento degli apparati che presuppone i costi per l’intervento di assistenza da parte di un soggetto specializzato per il ripristino dei sistemi.
Quello indiretto è legato alla Responsabilità Civile nel caso di danno alla reputazione e alla sottrazione dei dati.
In questo senso vanno comprese le truffe informatiche, la pedopornografia, il cyberbullismo e i ricatti a sfondo sessuale derivanti da video chat on line.
Come nel mondo reale, anche in quello virtuale, la scuola è tenuta a identificare il rischio, individuando le possibili minacce e stimando i danni derivanti.
In seconda battuta dovrà porre in essere tutte le ragionevoli contromisure.
Solo il concetto di sicurezza informatica, può mettere la scuola al riparo da sgradevoli sorprese.

Il costo delle polizze Cyber Risk

Il costo delle polizze cyber risk normalmente è molto contenuto. I migliori prodotti, per la protezione dei rischi informatici di norma, non superano le poche centinaia di euro, sicuramente molto meno di un danno cagionato al sistema.

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Le punizioni corporali a scuola

Con la recente ordinanza (n. 5244 del 17 febbraio 2022), la Cassazione conferma la sanzione disciplinare di sospensione dal servizio per una docente che aveva schiaffeggiato un alunno disabile.
Non è certo il primo caso. Nell’ottobre 2020 fece scalpore il video in cui, in un Istituto superiore di Salerno, un’insegnate schiaffeggia uno studente reo di non voler mettere la mascherina in classe.

Le punizioni corporali sono un reato

Su tema, la giurisprudenza s’è espressa a più riprese: gli insegnanti che infliggono punizioni corporali commettono un illecito.
L’abuso dei mezzi di correzione, infatti è una reato punibile penalmente.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 31642 del 21 luglio 2016, ha condannato una maestra per aver tirato i capelli e schiaffeggiato uno studente. La Docente è stata ritenuta colpevole per i reati di lesioni personali e di abuso dei mezzi di correzione in danno del minore.
Gli insegnanti, riconosciuti colpevoli, sono puniti ai sensi dall’Art. 571 del Codice Penale, il quale stabilisce che debba essere perseguito: “Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte”.

Le lesioni personali

Il codice inoltre stabilisce che, se dall’abuso di mezzi di correzione ne deriva una lesione personale, sono previste le pene di cui agli Artt. 582 e 583 del Codice Penale e il soggetto colpevole dovrà farsi carico del risarcimento.
Il docente, in relazione alla gravità del fatto, potrebbe anche essere sottoposto ad un provvedimento disciplinare. I provvedimenti vanno dalla sospensione dell’incarico fino al vero e proprio licenziamento.

L’assicurazione scolastica

Sotto il profilo strettamente assicurativo, l’alunno vittima di lesioni personali è tutelato dalla polizza infortuni sottoscritta dall’Istituto.
Qualora non lo escluda esplicitamente, l’assicurazione rimborserà tutti danni derivanti.
Anche l’Istituto scolastico è tutelato dalla polizza assicurativa per gli eventuali danni derivanti dall’eventuale Responsabilità Civile.
Per il Docente, in tutti i reati di carattere penale, causati dolosamente, non c’è tutela assicurativa.
Al contrario, esiste la possibilità che la Società Assicuratrice si rivalga nei confronti del responsabile del gesto.

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Infortunio all’ingresso della scuola

La nonna di una nostra alunna, accompagnando la nipote a scuola, ha subito un infortunio all’ingresso della scuola. Nell’atrio, inciampava nel bordo di incasso dello zerbino che in quel momento era stato rimosso per essere pulito. La Signora, nella caduta, riportava la frattura dell’anca e conseguentemente doveva sottoporsi ad intervento chirurgico per la riduzione della stessa.
Qualche settimana dopo, il legale della Signora contatta la scuola chiedendoci il pagamento di tutte le spese e dell’invalidità residuata. La polizza sottoscritta copre anche quest’evento? Alla luce della gravità dell’evento dobbiamo fare denuncia anche all’INAIL?

L’infortunio, così com’è stato descritto, potrebbe sicuramente rientrare tra quelli ascrivibili alla Responsabilità Civile dell’Istituto.
A questo proposito diventa tuttavia necessario fare alcuni approfondimenti.

La regolamentazione scolastica

L’ingresso della scuola o l’uscita, impongono, obbligatoriamente, la verifica di alcuni imprescindibili elementi organizzativi. L’organizzazione deve rispettare le molteplici norme introdotte dai vari decreti “sicurezza”, non ultimi quelli relativi al distanziamento a seguito della pandemia in corso.
L’Istituto dovrà, quindi, regolamentare precisamente quali soggetti possano accedere agli edifici o alle pertinenze della scuola, ed in che modo.

L’accesso all’Istituto

In considerazione delle peculiarità delle singole strutture o dei diversi livelli di istruzione, non è possibile dare indicazioni generalizzate.
L’accesso degli accompagnatori in una Scuola dell’Infanzia avrà presupposti diversi rispetto ad un Istituto superiore. Un aspetto dev’essere comunque ben chiaro: chiunque acceda all’Istituto dev’essere autorizzato a farlo nei modi e nei tempi regolamentati dall’Istituto stesso.

Il profilo normativo

Ai sensi dell’Art. 2051 del Codice Civile, la scuola è non solo è responsabile della caduta provocata dalla rimozione del tappeto ma anche del mancato avvertimento. L’assenza di apposita segnalazione non ha dato la possibilità al danneggiato di percepire le condizioni di pericolosità della pavimentazione.
La giurisprudenza più volte ha rilevato che, per la responsabilità oggettiva è sufficiente il nesso di causalità tra il fatto e l’evento lesivo. Il danneggiato poteva ragionevolmente attendersi che la pavimentazione avrebbe dovuto essere priva di pericoli, soprattutto in occasione dell’ingresso e dell’uscita degli studenti. 
L’Art. 20 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 infine, impone che: “Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

La denuncia all’INAIL

Nei casi di infortunio all’ingresso della scuola di soggetti esterni all’organico, la denuncia all’INAIL non è prevista. Non sussiste infatti un diretto rapporto di lavoro tra la Signora che accompagnava la nipote a scuola e l’Amministrazione scolastica.

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La responsabilità del Dirigente senza poteri di intervento

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3184 del 27 gennaio 2020 s’è espressa circa la Responsabilità del Dirigente che, in caso di infortunio sul lavoro del dipendente, non ha poteri d’intervento.

Il fatto

Il ricorso è stato presentato da un Dirigente di una struttura pubblica munito di delega agli interventi ed adeguamenti strutturali, manutenzione di uffici e impianti. Il Dirigente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio perché ritenuto responsabile delle lesioni subite da un dipendente. Il lavoratore, durante le operazioni di carico delle merci, è caduto da una banchina, essendo questa priva delle protezioni, riportando gravi lesioni.
I Giudici nei precedenti gradi di giudizio avevano ritenuto sussistere il profilo di colpa contestato, ravvisando, da parte dell’imputato, la violazione degli Artt. 63 comma 1 e 64 comma 1, lett. a) del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per non aver dotato la banchina di barriere di protezione.
Il Giudice aveva anche osservato che l’eventuale distrazione del lavoratore non poteva esimere da colpa il Dirigente.

Il potere d’intervento

La suprema corte ha annullato la sentenza di condanna emessa nei confronti del Dirigente.
Dall’analisi del documento di delega con il quale era attribuita la responsabilità della manutenzione degli impianti, era emerso che questi non disponeva di autonomi poteri di intervento e di scelta delle operazioni da effettuare. Inoltre, non disponeva di autonomia decisionale in relazione al potere di spesa.
In riferimento alla tutela della sicurezza e salute dei luoghi di lavoro negli enti locali, per Datore di Lavoro deve intendersi il Dirigente al quale spettano poteri di gestione, ivi compresa la titolarità di autonomi poteri decisori in materia di spesa. Condizione necessaria per riconoscere la responsabilità del Dirigente, è che questi sia anche dotato di effettivi poteri gestionali, decisionali e di spesa.
In altre parole, essendo il Dirigente soggetto a disposizioni assunte da altri, non poteva rivestire alcuna posizione di garanzia.
Ne deriva che, in casi simili ed in particolare in riferimento alla mancata esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici, anche quelli scolastici, il Dirigente, pur assumendo la qualità di datore di lavoro, non può essere ritenuto responsabile delle violazioni, risultando, in tale ambito, privo di autonomi poteri gestionali, decisionali e di spesa.

La polizza di tutela legale

Dal punto di vista strettamente assicurativo diventa quanto mai importante rimandare al nostro articolo in relazione alla polizza di Tutela Legale. Tre gradi di giudizio, infatti, con le relative spese legali e peritali, potrebbero rivelarsi, dal punto di vista economico, estremamente onerosi se non supportati da un’adeguata copertura assicurativa.

Se desideri avere maggiori informazioni in relazione alle polizze di Responsabilità Civile e Tutela Legale del Dirigente scolastico, contattaci qui.

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Responsabilità dei genitori per fatti illeciti del figlio

L’aspetto relativo alla responsabilità dei genitori per fatti illeciti del figlio, ai sensi degli Artt. 2047 e 2048 del Codice Civile, è sempre molto attuale.
Alla luce della culpa in educando, i genitori possono essere chiamati a rispondere dei danni causati dai figli. La responsabilità riguarda i minori considerati capaci d’intendere e di volere, sia in caso contrario.
I genitori, infatti, rispondono dei danni provocati se non hanno educato correttamente o se non provano di non aver potuto impedire il fatto.

Il patto di corresponsabilità educativa

Proprio su questa ragione è nato il Patto di Corresponsabilità Educativa tra scuola e famiglia: un insieme di regole e norme di comportamento che la scuola, la famiglia e gli alunni condividono e si impegnano a rispettare, alla luce del D.P.R. 21.11.2007 n. 235.
Su questa linea s’è espresso il Tribunale di Sondrio con la recentissima Sentenza n. 63/2021.
Il giudice ha condannato al risarcimento dei danni morali, materiali e delle spese legali, la famiglia di uno studente, ritenuto responsabile di reati di violenza privata, minacce e ingiuria nei confronti di un docente. Il risarcimento stabilito dal magistrato ammonta a 14.500 euro per il docente e 4.000 euro per spese legali.
Il giudice, nella motivazione, ha sottolineato la necessità di: “Ingenerare l’interesse anche economico, dei genitori a impartire ai propri figli la giusta educazione per spingerli a percepire concretamente il disvalore sociale di certi comportamenti unitamente all’impegno dei minori stessi a tenere ben a mente la comprensibile reazione dei genitori chiamati a rispondere di loro danni a terzi”.

La responsabilità genitoriale

In relazione alla responsabilità dei genitori per fatti illeciti del figlio, già nel 2008 la Corte di Cassazione III sez. civile con sentenza n. 7050 affermava che: «I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono, dunque, sia nel potere-dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi […] e sia anche e soprattutto nell’obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l’educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari. In quest’ultimo ambito rientrano i danni provocati dalle manifestazioni di indisciplina, negligenza e irresponsabilità».

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La Responsabilità Civile della scuola verso terzi

La Responsabilità Civile, verso terzi è certamente uno degli aspetti più importanti in ordine alle polizze assicurative scolastiche.

Il fatto illecito

Le attività proprie degli Istituti Scolastici sono varie e differenziate. A ciò corrisponde inevitabilmente una altrettanto ampia casistica di danni potenziali involontari ed accidentali che l’Istituto, direttamente o indirettamente, potrebbe cagionare a terzi. Potremmo citare moltissimi casi: dalla mancata manutenzione delle attrezzature di sicurezza, alla mancata e/o inadeguata segnalazione di insidie. Dal fatto involontario di un dipendente, alla accidentale somministrazione di cibi avariati in una mensa. Fino alla negligenza nella vigilanza dei minori che gli sono stati affidati.
E’ facile constatare, anche in questi pochi ma significativi esempi, in materia di fatti illeciti e di conseguente attribuzione di responsabilità, vi trovano ampia applicazione. Anche ricorrendo ad una rigorosa prevenzione, rimane sempre un’alta percentuale di rischio che giustifica, quando non impone, il ricorso all’assicurazione.

La polizza di Responsabilità Civile

La polizza Responsabilità Civile trova riscontro nell’ Art. 1917 del Codice Civile. La copertura deve garantire il risarcimento per fatti colposi e per quelli causati per colpa grave con esclusione del dolo o della colpa grave. Proprio per l’importanza della copertura, la polizza di Responsabilità Civile è considerata alla base di tutti i progetti assicurativi. Di norma, questo tipo di garanzia è stipulata da tutti quei soggetti esposti al rischio di dover rispondere della propria condotta.
In considerazione della frequenza dei sinistri, la stipula della polizza per la responsabilità civile è obbligatoria per circolazione di veicoli a motore e natanti (RCA).
Dal 2013, con l’entrata in vigore del DPR 14.08.2012 n. 137, la polizza di Responsabilità Civile Professionale è diventata un obbligo anche per molte categorie di professionisti.

La polizza di Responsabilità Civile nella scuola

La polizza di Responsabilità Civile tutela l’Amministrazione Scolastica dal rischio di dover pagare, a titolo di risarcimento, i danni procurati a terzi involontariamente a causa di una condotta colpevole. All’interno della scuola, la polizza di Responsabilità Civile, assicura tutti i soggetti (Studenti ed operatori scolastici) che siano esposti al rischio di causare danni a terzi.
Anche con l’entrata in vigore dell’autonomia scolastica legittimata dalla Legge 15.03.1997, n. 59 le polizze assicurative di Responsabilità Civile nella scuola devono sempre ricomprendere nella copertura l’Amministrazione Scolastica Centrale (MIUR) in quanto legittimata passiva.
Il ricorso alla copertura assicurativa non esime i Dirigenti responsabili e gli addetti dall’applicazione delle norme legate alla sicurezza delle attività svolte. L’amministrazione dovrà anche vigilare affinché siano mantenute efficienti e a “norma” le attrezzature, i macchinari, gli impianti, i fabbricati e tutte le strutture che, in assenza di manutenzione e controllo, potrebbero creare pregiudizio alla pubblica incolumità e a quella dei dipendenti oltre alle norme specifiche legate alla vigilanza durante le attività scolastiche. Ultimo aspetto, ma non ultimo in ordine di importanza, riguarda l’importo del massimale da richiedere alla società assicuratrice che dev’essere adeguato al reale rischio potenziale.

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Smartphone danneggiato

Al nostro Istituto Superiore è giunta la lettera della famiglia di un alunno iscritto, attraverso la quale viene chiesto il risarcimento dei danni occorsi allo smartphone fatto cadere da un compagno di classe durante l’uscita dalla scuola. La Compagnia Assicuratrice cui abbiamo denunciato il sinistro ci comunica che questo tipo di danno non è ricompreso nelle Condizioni Contrattuali, tuttavia a nostro parere si tratta di un palese danno da Responsabilità Civile. Le polizze scolastiche sono tenute a risarcire questo tipo di danno?

In premessa, per poter formulare un parere preciso, è necessario conoscere l’esatta dinamica e il preciso luogo dell’evento. Assodato comunque che le condizioni contrattuali non tutelano il danneggiamento del dispositivo di proprietà dell’alunno è opportuno fare qualche precisazione circa la Responsabilità Civile.
In generale, le responsabilità in ambito scolastico, si possono identificare in tre categorie principali: la responsabilità diretta della scuola, quella degli insegnanti e quella degli alunni o delle loro famiglie.

La Responsabilità Diretta della Scuola

Le polizze scolastiche, nell’ambito della sezione Responsabilità Civile, offrono garanzie per tutte quelle attività espletate sotto la diretta vigilanza dell’Istituto Scolastico. La copertura comprende tutti gli eventi per i quali l’Istituto potrebbe essere chiamato a rispondere in giudizio.
La scuola, in quanto parte della Pubblica Amministrazione, è soggetta all’Articolo 28 della Costituzione Italiana. L’articolo stabilisce che l’ente è responsabile per gli atti compiuti dai propri dipendenti. Tale principio è ribadito anche dall’Art. 61 della Legge 2 luglio 1980, n. 312, che tuttavia specifica come: «La responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente, è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni».
Nel caso in questione, sembra da escludersi una responsabilità diretta dell’Amministrazione.

La Responsabilità degli Insegnanti

Gli insegnanti, ai sensi dell’Art. 2048, del Codice Civile, sono responsabili per i danni causati dagli alunni nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza: «I precettori sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza».
L’obbligo di vigilanza include tutte le situazioni in cui gli alunni sono affidati agli insegnanti, come ad esempio durante le lezioni, la ricreazione, le gite scolastiche e qualsiasi attività svolta sotto l’egida della scuola.
Lo stesso articolo del Codice precisa che i docenti: «[…] sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto». L’insegnante quindi, in caso di danno, dovrà dimostrare di aver esercitato una vigilanza adeguata, tenendo conto dell’età, indipendenza e maturità degli alunni affidati. La responsabilità può essere esclusa se l’evento dannoso è imprevedibile e inevitabile nonostante le cautele adottate.
In questo senso quindi, in relazione al caso in questione, appurato che l’evento s’è svolto all’uscita dalla scuola e abbia coinvolto alunni con un età e maturità adeguata, sembra non rilevabile neanche l’eventuale responsabilità del docente.

La Responsabilità degli alunni o delle loro famiglie

A differenza delle responsabilità precedenti, che si basano sulla responsabilità contrattuale legata all’omessa vigilanza, nel caso in questione la responsabilità tra gli studenti è di carattere extracontrattuale.
Volendo escludere il dolo, ovvero la volontarietà di causare un danno, potrebbe invece palesarsi la colposità dell’evento, oppure l’incuria nella conservazione del bene da parte dell’alunno danneggiato.
Come ricordato in premessa, la questione della responsabilità è complessa e richiede un’analisi attenta di tutte le circostanze specifiche.
Ai sensi dell’Art. 2043 del Codice Civile: «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che lo ha commesso a risarcire il danno».
Sul tema della responsabilità extracontrattuale tuttavia, chi pretende il risarcimento deve sempre dimostrare il fatto doloso o colposo, il danno ingiusto ed il nesso di causalità.
In questi casi potrebbe infatti trattarsi di un concorso di colpa. Esiste corresponsabilità tra il danneggiante e danneggiato non tanto per l’interferenza nella dinamica dell’evento, ma per le conseguenze delle sue azioni come ad esempio, la corretta conservazione del bene. Per questi casi la giurisprudenza ha introdotto un’obbligazione risarcitoria solidale tra danneggiante e danneggiato.

Se desideri maggiori informazioni in relazione alla Responsabilità Civile nel danneggiamento dei beni personali nella scuola, contattaci qui.

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Smartphone danneggiato: l’assicurazione non copre il danno!

Nel nostro Istituto Superiore un docente ha ritirato smartphone e cellulari ai propri studenti all’inizio della lezione. Nel riconsegnarli ne ha fatto accidentalmente cadere uno, danneggiandolo. Il sinistro è stato respinto dalla Società Assicuratrice. La famiglia chiede il pagamento della riparazione alla scuola, è corretto? Perché la copertura di Responsabilità Civile non copre il danno?

La questione dello smartphone danneggiato dal docente è abbastanza controversa. Risulta difficile rispondere in modo esaustivo alla domanda poiché manca la dettagliata dinamica dell’evento. Possiamo tuttavia fare alcune considerazioni di massima.

L’uso dello smartphone in classe è vietato

L’indicazione di riferimento per l’utilizzo degli smartphone in classe è la Circolare MIUR n. 30 del 15 marzo 2007.
Fermo restando che il Docente possa concederne l’uso in caso di urgenza, in linea generale, l’uso dei cellulari in classe è vietato, poiché potrebbero rappresentare una distrazione.
Il divieto, tuttavia non legittima l’Istituto o il personale scolastico a ritirare i dispositivi in possesso agli studenti. I cellulari, infatti, in quanto oggetti personali, non possono essere sequestrati o requisiti dagli insegnanti. La situazione, come nel caso in questione, si complica ulteriormente in quanto lo smartphone è stato danneggiato dal docente.
Nondimeno, lo studente che infrangesse le regole, potrà essere sanzionato disciplinarmente, anche alla luce del rapporto di corresponsabilità tra l’Istituto e la famiglia.

Smartphone e privacy

Le Linee Guida del Garante della Privacy sulla scuola fissano fino a che punto l’Istituto può spingersi. Non può essere impedito agli alunni di portare il cellulare in classe, ma il suo utilizzo può essere vietato se utilizzato in modo improprio o reca disturbo al resto della classe. La scuola ha nel suo diritto quello di proibire l’utilizzo degli smartphone all’interno delle classi, ma questo non comporta la possibilità di ritirare gli oggetti in questione, potere che è concesso solo alle forze dell’ordine in presenza di reati o su richiesta del giudice. Infrangere questa norma potrebbe far nascere contenziosi tra le famiglie e l’Istituto scolastico.

Il rispetto delle libertà personali

Di fatto se un docente sequestra lo smartphone di uno studente, compie un illecito e il suo comportamento potrebbe essere segnalato sia al Preside che al MIUR.
Secondo l’Authority, l’utilizzo di telefoni cellulari come di tutti gli apparecchi per la registrazione di suoni e immagini è in genere consentito, solo per fini personali e sempre nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone coinvolte (siano essi studenti o professori), in particolare della loro immagine e dignità.

Il profilo assicurativo

Circa il mancato pagamento del danno da parte della Società assicuratrice, occorre evidenziare due aspetti.
La quasi totalità delle polizze esistenti nel mercato scolastico, escludono il danneggiamento delle cose in consegna o custodia a qualsiasi titolo o destinazione.
Anche le polizze dei beni, di norma, escludono smartphone e/o cellulari dalle coperture assicurative. Ne deriva che la polizza assicurativa scolastica non tutela questo tipo di danno.

Se desideri maggiori informazioni sulle polizze assicurative scolastiche in relazione ai beni danneggiati da un docente, contattaci qui.